di Giuseppe Gallizzi e Vincenzo Sardelli – Editore: Centro Documentazione Giornalistica – 208 pagg – 16,00 euro – In vendita in tutte le librerie italiane e online presso: www.cdgedizioni.it – www.librimondadori.it – www.rcslibri.it – www.lafeltrinelli.it – www.hoepli.it – www.ibs.it
“Libero giornalista è colui che riesce a distinguere il fatto dall’opinione e si attiene alle regole deontologiche“. Lo sostiene Giuseppe Gallizzi, presidente del “Movimento Liberi Giornalisti“. Quarant’anni al Corriere della Sera, storico quotidiano nazionale, e 11 al “Circolo della Stampa” di Milano. Uomo deciso e pieno di energie, Gallizzi ha dedicato la sua vita al lavoro di giornalista che ama da sempre, un amore che ha trasmesso anche alla moglie Dada e ai suoi due figli, Pierfrancesco e Stefano.
“Io vengo – ama ricordare Gallizzi – da un piccolo paese di pescatori della Calabria, Nicotera Marina, in Provincia di Vibo Valentia. Da ragazzino leggevo il “Giornale d’Italia” e il “Corriere della Sera” e presto mi accorsi di avere passione per la carta stampata. Andai a Milano per realizzare il mio sogno e lì incontrai Arturo Lanocita, caporedattore spettacoli al “Corriere”, e Francesco Di Bella, capocronista. Grazie alla mia determinazione, dopo anni di gavetta, riuscii ad approdare nel mitico salotto del Corriere diventando inviato, quindi caporedattore della Lombardia e caporedattore centrale”.
Gallizzi ha lavorato, fianco a fianco, con i grandi giornalisti del quotidiano di via Solferino. Ha conosciuto pregi e difetti di una professione che resta sempre ambita e affascinante. Ora grazie a “La scuola dei grandi maestri” rende pubblica la sua esperienza di ragazzo di Calabria così come l’ha vissuta per 35 anni nelle stanze dello storico palazzo di via Solferino. Un manuale che offre elementi di riflessione su una professione, quella del giornalista, che non rinuncia a gambe, cuore e cervello, e qualche volta anche a un po’ di fortuna, e che arriva in un momento di profondi cambiamenti che interessano i giornali e il mondo del giornalismo.
Edito dal Centro Documentazione Giornalistica “La scuola dei grandi maestri” è un moderno, ricco e pratico manuale di giornalismo. Partendo dagli insegnamenti di Calvino, Ottone, Montanelli, Barzini jr, Biagi, Mieli, Ostellino, Stille, il cronista Giuseppe Gallizzi, coadiuvato da Vincenzo Sardelli, ricostruisce la storia del giornalismo italiano. E lo fa da un osservatorio privilegiato, quello del Corriere della Sera, dove ha lavorato per 35 anni, prima come corrispondente da Sesto San Giovanni, poi redattore in cronaca, caposervizio, inviato, caporedattore della Lombardia e caporedattore centrale. Adesso il giornalismo è cambiato e si avvia a svolte più radicali. Le regole d’accesso alla professione prevedono lo studio, l’università. Ma il modo di dare la notizia, e prima ancora il modo di procacciarsela, è lo stesso di sempre. Le cinque W, e prima ancora i cinque sensi. Recarsi di persona sul fatto. Ascoltare, prima di parlare.
“Il cronista Peppino Gallizzi – come ha ricordato Vittorio Feltri – ha costruito la fortuna con le proprie mani e la propria testa e, direi, perfino con i piedi. All’epoca infatti a un cronista si richiedevano doti podistiche. Il cacciatore di notizie doveva “scarpinare” per procurarsene. Spesso, per precipitarsi, in anticipo sulla concorrenza, nei luoghi dei fatti, il reporter era costretto a sgambare. A Gallizzi non mancavano buoni garretti e seppe usarli al meglio”.
Quel giornalismo si definiva mestiere, c’erano i maestri, senza pretendere di insegnare niente a nessuno. C’era qualcosa da imparare “ a bottega”, al “ banco degli attrezzi “ del più anziano giornalista-artigiano. Era forte l’idea che, prima di dare una notizia, occorresse essere sicuri al 101%. Di qualunque articolo si trattasse.
Il libro si articola in due sezioni. La prima, più teorica, spiega come si procaccia la notizia. Distingue tra fonti. Fa riferimento all’etica del mestiere. Soprattutto, offre una serie di spunti utili a tutti su come si scrive. La seconda parte scandaglia l’articolo, dal titolo all’attacco o lead, dalle 5 W ( WHO, WHAT, WHEN, WHERE, WHY, i punti cardine che devono essere presenti nella prima frase di ogni articolo) alla chiusura. Con tutta una serie di riflessioni che diventano un prezioso prontuario di buona scrittura giornalistica e, insieme, un compendio delle regole fondamentali del mestiere. E tanti aneddoti, come quello che amava ricordare Piero Ottone. Il direttore di un giornale svizzero istruisce un neo-assunto. “Quando scrive un articolo, si ricordi: ogni frase comincia con il soggetto, poi viene il predicato verbale, poi i complimenti. Punto, e si ricomincia. Se vuole inserire un aggettivo, venga nel mio ufficio, e mi chieda il permesso“.
Un volume da leggere e di cui fare tesoro, per chi è giornalista e per chi questo mondo lo vive dall’esterno, da lettore e fruitore, per apprendere da un grande maestro e sentire il profumo di un’epoca così vicina nel tempo e allo stesso tempo così lontana. E, per chi fa questo “mestiere”, tentare di mettere in pratica quelle lezioni di vita, ripassare gli insegnamenti dei maestri che abbiamo avuto agli inizi e nel corso della nostra vita professionale e di cui abbiamo bisogno ogni giorno. Ma in molti sembrano aver capito l’importanza di questo libro, visto che in poco più di due mesi, è già alla seconda ristampa…
Barbara Premoli